Il Piave mormorava

Cari viaggiatori,

il 24 maggio del 1915 l’Italia entrava in guerra, nella Grande Guerra, come mi raccontava mio Nonno Pietro, Cavaliere di Vittorio Veneto. Sono cresciuto sulle sue ginocchia con il mito del Piave che mormorava calma e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio…Oggi il mio ricordo riconoscente va a Nonno Pietro e a tutti quei soldati che caddero nella Grande Guerra.

E’ bello che un grande giornalista come Riccardo Cucchi oggi scriva così: “In ogni città, in ogni borgo c’è almeno una lapide che li ricordi: un milione di soldati hanno sacrificato la loro vita. Erano contadini, operai, poeti…Credevano negli ideali.

Mi fermo sempre a leggere i loro nomi con rispetto. La guerra è orrore. Sempre”. Su quelle lapidi il nome di mio Nonno Pietro non c’è. Riuscì a tornare vivo ma nella sua mente erano impresse le testimonianze vissute dei giorni in trincea. Non le poteva dimenticare e me le ha trasmesse. E tra le emozioni indimenticabili della mia vita c’è quella mattinata della fine degli anni Sessanta quando, insieme al babbo Vincenzo, accompagnai Nonno Pietro nel palazzo comunale di Asciano per ricevere il riconoscimento di Cavaliere di Vittorio Veneto. Quel diploma con la benemerenza lo conservo, insieme alla inseparabile pipa.

Buon viaggio

10 commenti a “Il Piave mormorava

  1. salimbeni luca

    Ill.mo e Ven.mo GM, nel Piave si ritrovano tanti aspetti tipici del mito,a cominciare da una serie di eventi realmente accaduti che sono stati subito oggetto, grazie alla “Leggenda del Piave”,scritta da Gaeta,un musicista napoletano, di una narrazione fantastica,trasmessa oralmente. Essa idealizzava un fatto, la vittoria, in sè leggendario,e dunque capace di stimolare la fantasia, di commuovere gli animi, finendo per creare un simbolo la cui sacralità rinviava ad una realtà importante ma remota. Come simbolo, il Piave è ancora capace di rievocare un momento storico ben preciso, e, insieme, fornire un modello di azione futura che persegue un fine simile a quello che gli fu proprio: la legittimazione di un atto ideale e pratico, militare, politico e sociale, quale è stata la partecipazione di massa alla Grande Guerra. Date queste condizioni, è posibile parlare di mito del Piave il quale reclama la parte che gli spetta fra quelle che compongono il mito della Grande Guerra, Monte Grappa in primis, per la quale battaglia fu musicata la prima canzone militare dell’epoca (“Monte Grappa che sei la mia patria,sei la stella che guida il cammino, sei la terra, il mito, il destino..”). Mito, come sappiamo, creato da intellettuali interventisti con parole poi sorrette dall’azione militare personale, ed edificato anche da altri soggetti, pubblici e privati. Per quanto riguarda il suo mito, si può definirlo così misurando la portata del contributo che è stato dato dal Piave all’identità italiana e nazionale. Si può dire che il mito del Piave non sarebbe mai nato e rimasto così a lungo con noi se fosse stato creato e imposto all’interno di una ristretta minoranza borghese,nazionalista ed interventista. Esso invece si diffuse seguendo un percorso che, attraverso classi e partiti, raggiungeva individui e gruppi e assolveva, cosa forse ancora più importante, il compito di ridurre le distanze fra identità italiana ed identità nazionale. Alla prima, diede il modo di mettere in evidenza le grandi virtù “resistenziali” del popolo, ed alla seconda contribuì perchè l’ultimo anno di guerra segnò una netta rivalutazione dell’opera “istituzionale” del governo. Il Piave dunque rappresenta un simbolo di virtù civiche prima che militari, “collettivamente” sentite ed esercitate. Il Piave,insieme fiume, battaglie e canzone, è un luogo della memoria. Da quel luogo si protende verso di noi un nome la cui rievocazione è ancora tale da far rivivere esperienze lontane, molteplici e difficili. Quasi il nome antico del fiume fosse un toponimo recente nato dalla guerra, della quale fu un protagonista e non uno spettatore. Con il Tfa Luca Salimbeni

  2. Marco Tupponi

    Venerabilissimo Gran Maestro, anche mio Nonno materno Antonio combatté nella prima guerra mondiale e con Lui, che era Romagnolo, tanti soldati del Sud, del Centro, del Nord e delle Isole in un afflato che mi piacerebbe che la nostra amata Italia ritrovasse.

  3. Anche il mio nonno paterno, del quale porto il nome, il 24 maggio attraversò il piave da arruolato nei bersaglieri diretto al fronte.
    Fu ferito 2 volte,alla spalla ed alla coscia destra, dove ancora portava la pallottola che non gli fu mai tolta e che orgogliosamente mi faceva sempre sentire ogni qual volta che mi raccontava le tristi vicissitudine passate in trincea!!!
    Alla fine di quella che possiamo considerare come la IV guerra d’ Indipendenza per l ardore patriottico di coloro che vi parteciparono, mi raccontava sempre con il viso pieno di soddisfazione che gli fecero attraversare di corsa, dopo piu di 3 anni di guerra e con le piume al vento, Trieste liberata!!!
    Anche io ero presente alla consegna dei diplomi ai cavalieri di Vittorio Veneto nella sala consiliare del Comune di Sansepolcro e credo che quel giorno e stata la prima e l ultima volta che ho visto scendere delle lacrime dagli occhi di mio nonno….un uomo tutto di un pezzo con ancora dei profondi principi risorgimentali di libertà !!

  4. andrea

    Venerabilissimo G.M. Cari Viaggiatori,

    il 24 maggio ,il Piave evocano nel mio pensiero due sentimenti contrastanti : il primo p è quello che voi G. M e alcuni viaggiatori hanno descritto cioè il ricordo di quei ragazzi ( si proprio ragazzi ) mandati in guerra come nella canzone di Francesco Guccini , comandati da uno stato maggiore incapace e fiacco, mandati allo sbaraglio con le scarpe di cartone . ragazzi impauriti nelle trincee ,ma con coraggio da vendere, i ragazzi del 1899 come dice Gino Cervi recitando il ruolo di Beppone con enfasi e trasporto, sono quei ragazzi oramai divenuti anziani ( non da ora ), che piangono il tricolore . il secondo pensiero invece è un pò diverso : leggendo il libro di Antonio Scurati. M IL FIGLIO DEL SECOLO , l’autore descrive una parte di quei ragazzi che combattevano sul Piave , erano gli antesignani dei Navy Seals americani venivano chiamati i camiani del Piave ,coltello fra i denti e raid veloci eliminando gli astro-ungarici . Molti di loro alla fine della guerra sono diventati degli avanguardisti ,fascisti della prima ora . Delusi ,forse derisi manipolati ? a mio avviso sicuramente si sfruttando anche la loro ignoranza culturale . Gli altri ragazzi ,quelli descritti prima però non lo hanno fatto e giustamente hanno pianto davanti alla bandiera tricolore Grazie M.V , grazie viaggiatori

  5. Paolo Donnina

    Ill.mo Ven.mo Gran Maestro,
    ricordare il giorno in cui si ultimò il processo di unificazione nazionale iniziato col Risorgimento, secondo il mio modesto parere, é un dovere di ogni Libero Muratore, in quanto la spinta del Risorgimento fu data da tanti fratelli che si batterono per l’autodeterminazione della nostra amata patria. Di certo le guerre non sono mai giuste, perché dovrebbe essere un dialogo costruttivo a risolvere le questioni e i giusti diritti chiesti dai popoli, ma io da militare della Guardia di Finanza che ha giurato sul nostro Tricolore simbolo del nostro paese, m’inchino con profondo rispetto e ammirazione a tutta quella generazione di ragazzi che pagarono un prezzo altissimo anche con la vita, il sogno dell’unità del nostro paese.
    W l’Italia 🇮🇹🇮🇹🇮🇹

  6. Marco Rocchi

    Anche mio nonno Ettore era, col tuo, a Vittorio Veneto. E anche io conservo il suo diploma. Anzi, l’ho già passato a mio figlio (Ettore anche lui). Era un uomo di poche parole, e penso fosse orgoglioso di quello che aveva fatto (a Vittorio Veneto e nella sua vita civile), ma non ne parlava.
    In un mondo in cui ci si vanta di cose di poco conto, lui resta per me un esempio. Lui e tutti gli uomini della sua generazione. Grazie, Stefano, per averne parlato. Non li dimentichiamo.

  7. Giovanni Giannoni

    Giovanni Giannoni, mio nonno, mio omonimo.
    Ho il ricordo del mio vecchietto, accompagnato per tutta la sua vita dal suo cuore sempre malandato, cardiopatia da malattia reumatica, presa in trincea, in quella guerra.
    Ma se oggi io ricordo lui, per tutta la sua vita lui ha ricordato i suoi commilitoni, quei ragazzi poco più che adolescenti con cui avrà diviso l’inimmaginabile.
    Quei ragazzi che pur arrivando dai posti più lontani della penisola si ritrovarono a combattere per la prima volta sotto la stessa bandiera.
    Quei ragazzi, il cui legame, lo portavano, nonostante gli acciacchi, tutti gli anni ad andare a Redipuglia, per abbracciarli.
    Ricordi di famiglia, ricordi di storia, la mia, la nostra, le mie radici, le nostre radici.
    Permettetemi un momento di sana commozione.

    • Alessandro De Carolis Ginanneschi

      Carissimo Stefano, anch’io – come molti tra noi – ho avuto un nonno Cavaliere di Vittorio Veneto, che seppe trasmettere ai figli e a noi nipoti quel sentimento di patriottismo che spinse lui, come molti suoi giovani coetanei, a partire volontario; la sua e mia famiglia, come migliaia e migliaia, pagò il tributo di un altro figlio (un suo fratello) morto eroicamente.
      Vorrei però, se mi consenti, ampliare la rilfessione. Purtroppo quella inevitabile Guerra è stata la genesi dei totalitarismi del ‘900, e poi nel secondo dopoguerra, per i convergenti interessi di due potenti forze culturali pur tra loro in conflitto (più apparente che reale a ben vedere), quell’afflato ideale è andato perdendosi: con conseguenze che oggi vediamo con evidenza. Concludo con un invito: io da sempre, per inveterata tradizione familiare, espongo il tricolore al balcone ogni anno, il XX Settembre e il IV Novembre; mi piacerebbe che fossimo in molti, anche e soprattutto a memoria di chi sacrificò la vita per quegli ideali.

  8. Giancarlo

    Dal sangue dei suoi Figli è germogliata nuovamente la Patria.
    A piazza Cola di Rienzo La lapide di ARMANDO DE CASTRO S.TEN
    Mio nonno tornó, suo fratello No.
    Li mi portó quasi 50 anni fa.
    Li ho portato il mio bimbo
    Se lui vi porterà il suo,
    questo paese
    questo popolo
    Gemmeranno ancora

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