Parole controsenso: attesa

Cari viaggiatori,

viviamo nel tempo dell’attesa. Aspettiamo il bollettino tv delle 18 per sapere se la curva dei contagi è in salita o in discesa.  Aspettiamo di sapere quanti sono i morti del giorno. Aspettiamo di sapere quando il presidente del consiglio dirà “bomba liberi tutti”.Viviamo il tempo dell’attesa e, soprattutto, di un’incertezza che ci fa cercare quelle certezze che scienziati, economisti e guru non possono darci. Abbiamo solo una certezza: #tuttoquestopassera’.

Per accettare l’attesa dovremmo provare a trasformarla in desiderio. Potremmo dire “l’attesa del desiderio”, quella voglia di camminare e correre come se fossimo stati tutti runner nel pre-coronavirua, quel bisogno di incontrare e di lavorare.Uno scrittore svizzero, maestro elementare, Peter Bichsel, scrive: “È possibile ascoltare bene quando si tollera di non capire”. Se pensiamo di non capire, o meglio di non capire tutto, sarà meno difficile superare il tempo dell’attesa.

Sarà meno faticoso esercitare l’arte di saper attendere se avremo il ragionevole dubbio che la nostra idea possa non essere la migliore possibile.

Buon viaggio

16 commenti a “Parole controsenso: attesa

  1. Antonio biviano

    Io attendo con pazienza e mi curo di chi può’ essere più fragile e bisognoso,
    Grazie Gran Maestro per queste pillole di buon senso e di incoraggiamento per tutti noi tuoi fratelli .

    • Massimo

      Preferisco non vivere questo momento nell’attesa del “liberi tutti”. Mi sentirei come derubato di una parte del tempo di vita che mi è concesso. Eppure desiderare l’attesa è quanto di più profondo si possa provare qui e adesso. Se questi giorni drammatici ci avranno insegnato a desiderare l’attesa, non saranno trascorsi invano. Grazie!

  2. andrea

    Venerabilissimo G. M. grazie per le frasi che scrivete , stimolano i Fratelli ad una continua riflessione . una volta un anziano Fratello mi disse , ricordati che la massoneria molte volte è più di cuore che di mente. ho scritto questo , perché di getto dopo aver letto le vostre righe ho pensato a questa poesia :” Quant’è bella giovinezza che fugge tuttavia chi vuole essere lieto sia di domani non c’è certezza… ” mi auguro che questa snervante attesa porti invece certezza di un futuro migliore

  3. Marcello Mersi

    Carissimo Gran Maestro le tue pillole sono sempre “linfa vitale”. Il verbo “attendere” in questi giorni blindati è di una attualità a dir poco sconcertante! Come Tu affermi, l’attesa del bollettino quotidiano delle ore 18, fa parte ormai del nostro vivere quotidiano, anche se ogni giorno le notizie che pervengono non sono proprio incoraggianti. Ma andiamo avanti, sempre, con la convinzione che prima o poi dovremmo uscire da questo incubo e tornare a respirare aria di libertà, a noi, liberi muratori, tanto cara. Un abbraccio.

  4. Massimo la Via

    Questo tempo, fa tornare alla mente “Il Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati e di tutta una vita, quella del Tenete Drogo, spesa in attesa di un attacco del nemico alla Fortezza. Se l’attesa, che nel romanzo di Buzzati sembra essere quasi una virtù, quella che stiamo vivendo, noi oggi, è la premessa di una speranza, quella di riprendere al più presto, da dove si era interrotta, la nostra vita quotidiana, con i suoi affanni e con le sue piccole gioie. Speriamo che quest’attesa si traduca in ottimismo della volontà e che dia forma a quell’innato desiderio di riprendere a navigare con il vento in poppa, di rimettersi in marcia, di riappropriarci del futuro singolo e di quello collettivo. Sono certo che avremo modo di riabbracciarci presto e quando questo avverrà, la forza eggregorica di quel momento ci ripagherà di ogni attesa.

  5. Ottavio Spolidoro

    E vado a scomodare il grande Giorgio Manganelli della trentatreesima centuria.
    Per sorridere dell’attesa.
    Ed ecco Manganelli:
    Col tempo, è diventato un appassionato dell’attesa. Egli ama aspettare.Puntualissimo, detesta i puntuali, che lo privano, con la loro maniacale esattezza, del piacere incredibile di quello spazio vuoto, in cui non accade nulla di umano, di prevedibile, di attuale, in cui tutto ha l’odore esilarante e indefinito del futuro. Se l’appuntamento è ad un angolo di strada, gli piace fingere una favola di possibili equivoci: e passa da un angolo al prossimo, ritorna ,si guarda attorno, scruta, attraversa la strada; l’attesa diventa avventurosa, irrequieta, infantile. Vi fu un tempo in cui un ritardo di dieci minuti gli dava un’ira sorda, come se fosse stato insultato. Ora vorrebbe ritardi di quindici, venti minuti.Ma deve essere un vero ritardo; pertanto, non serve arrivare in anticipo. Talora l’attesa è immobile; trova un qualche oggetto su cui sedersi, e, lì’ si appoggia e ciondola una gamba, pianamente; si guarda la punta della scarpa, cosa che non potrebbe fare in nessun altro momento della giornata. Prolungandosi il ritardo, cambia gamba, e si studia un ginocchio; poi si leva il cappello e ne guarda attentamente la fodera; compita nome ed indirizzo del cappellaio; si ripone in capo il cappello, poi chiacchiera un poco con se stesso, come egli fosse a sé’ un estraneo appena incontrato: parla del tempo, della moda, perfino della politica, ma con cautela, perché non si sa mai come uno la pensa. Ama proporre appuntamenti in luoghi riparati, ad esempio portici, che gli consentono di camminare a lungo, di gustare qualsivoglia dilazione, con il lento piacere di un padrone che attende gli ospiti, nel mezzo di un giardino.Di fatti, durante le attese, egli diventa il proprietario dell’angolo, della strada, del luogo designato all’incontro; lì’ si colloca da ospite, ed il ritardo è il naturale dono che un proprietario generoso concede agli stranieri che vengono da lontano – mentre lui è, sempre, a casa. Se il tempo si rabbuffa di nuvole e vento, suggerisce appuntamenti nei pressi di chiese. Ove sopraggiunga la pioggia, gli piace enormemente riparare nella chiesa, quasi sempre buia e semivuota, ed ivi esercitare la clandestina pietà dell’attesa.Conta le candele, saluta d’un cenno del capo Sant’Antonio con l’orfano in camiciola, e guarda, fisso, dalla parte dell’altare, rilassato il corpo, senza impazienza, con una segreta speranza, in quella allusione d’attesa che è il capolavoro della sua esistenza

    Grazie Gran Maestro

  6. Maurizio

    “Quel giorno il sole aveva fatto davvero un bel lavoro e si preparava a tramontare dietro le solite montagne. – Non andare via! – sentì gridare – Se vai via ho paura! “. A volte, quando la luce si spegne ed è l’ora di dormire dobbimao affrontare i mostri che si affacciano dentro di noi ma la notte è sempre seguita dal giorno, dalla luce e dal ritorno alla vita, questa è l’unica certezza: #tuttoquestopassera’.

  7. Massimo Bianchi

    Caro Stefano,in questi lunghi giorni mi viene spesso in mente la frase che Butterflay canta nel secondo atto “e non mi pesa la lunga attesa “.
    Da questa vicenda dovremo uscire meditando più spesso sulla fragilità della nostra condizione che ha visto grandi scoperte,allungata l’attesa di vita,un progresso scientifico inportante etc
    etc,ma che viene percossa in attesa di un vaccino.Per noi fratelli del GOI mi permetto di suggerire una frase che mi è cara:”meno baci e più affetto.Dovrebbe essere uno degli impegni da tener presente quando saremo liberati dell’attesa.Grazie per le riflessioni che stimoli in noi.Tfa

  8. In fondo è sempre così.
    Lo diceva Cartesio: Il dubbio è l’inizio della conoscenza.
    Noi da uomini del dubbio cerchiamo di tenere duro e non sposiamo ad ogni costo una tesi.
    Abbiamo un grande vantaggio, però.
    Il libero pensatore ragiona e agisce, ma possiede anche la ricchezza della disciplina.
    Sa attendere. Tollera e pazientemente aspetta il momento dell’agire.
    Continuo a pensare che nulla avvenga per caso e che questa potrebbe essere, fra non molto, una buona opportunità per rivedere tante cose.
    Aspettiamo, per ora.
    Cissà che il “bomba liberi tutti”, al termine di questo difficile periodo, non arrivi davvero.

  9. Daniele Vanni

    In fondo è sempre così.
    Lo diceva Cartesio: Il dubbio è l’inizio della conoscenza.
    Noi da uomini del dubbio cerchiamo di tenere duro e non sposiamo ad ogni costo una tesi.
    Abbiamo un grande vantaggio, però.
    Il libero pensatore ragiona e agisce, ma possiede anche la ricchezza della disciplina.
    Sa attendere. Tollera e pazientemente aspetta il momento dell’agire.
    Continuo a pensare che nulla avvenga per caso e che questa potrebbe essere, fra non molto, una buona opportunità per rivedere tante cose.
    Aspettiamo, per ora.
    Chissà che il “bomba liberi tutti”, al termine di questo difficile periodo, non arrivi davvero.

  10. luca salimbeni

    Ill.mo e Ven.mo GM, oggi viviamo nell’attesa che la curva degli istogrammi dell’ISS si apiattisca,che si scopra un vaccino,una cura… E’una attesa spasmodica,sicuramente negativa dal punto di vista psichico per l’uomo comune,che però va incanalata nella giusta direzione positiva. Cioè? Cioè che dalla attesa di oggi si passi alla LIBERAZIONE del domani. Come farlo noi massoni a fare sì che ciò avvenga?. Intanto cominciamo a conoscere noi stessi,e constatare fino a che punto l’Io ci spinge ad agire per razionalizzare l’attesa e sperare nella liberazione. Questo continuo riflettere,questo continuo riconoscere l’IO ci spinge ad agire, cioè a cercare di superare prima possibile questa attesa. Ciò ci porterà anche a riflettere sui nostri limiti e ci porterà a “una liberazione dell’attesa”,unicamnete perchè siamo consapevoli di noi stessi e delle nostre capacità per superare questo momento. La liberazione dell’attesa può avvenire in qualsiasi momento,purchè si voglia,purchè si abbia sincerità con noi stessi,purchè non ci si faccia prendere dall’orgasmo del “tutto e subito”. Ci vuole pazienza,tanto per ricollegarmi a un Suo precedente articolo. Perchè dico questo? Perchè è molto più vicino alla liberazione dell’attesa colui che sa, piuttosto che colui che non sa. Molte religioni e pratiche religiose la prospettano in senso egoistico. La scuola dell’Yoga prospetta la liberazione dell’attesa in senso egoistico,cioè dice che raggiungendo la liberazione dell’attesa,vista in senso negativo, ci si libera dalla sofferenza. Però poi ci sarà un’altra attesa per una altra sofferenza e così via.. E questa non è altro che una variante del Paradiso indicato dalla religione cattolica. Bisogna soffrire in questo mondo materiale in attesa della beatitudine del paradiso.Per me lo scopo per il quale l’uomo deve migliorarsi è quello di instaurare nel suo mondo,e da questo nel mondo degli altri, l’ordine,la giustizia,la rettitudine: questo potrebbe bastare per giustificare l’attesa di non compiere atti che possono turbarla in senso negativo materiale. Cioè non deve aspettarsi nessuna forma di ricompensa,nè spirituale nè materiale. Il volersi cambiare deve avere un unico scopo, di migliorare il mondo attraverso il miglioramento di sè stessi,senza attendersi alcuna ricompensa. Allora l’attesa sarà più facile da sopportare. Quando l’uomo,meditando su sè stesso, scopre in sè una serie di difetti,non deve cercare di violentarsi per non avere più difetti, ma deve prendere atto delle sue limitazioni,e, attraverso il meccanismo del porre attenzione e del capire,giungere al comprendere e al superare. E l’attesa sarà solo piacevole..
    Con il TFA Luca Salimbeni

  11. Pasquale Cerofolini

    Cari Viaggiatori ,

    mi sento di dire , che di recente , e di questo lo ringrazio , il SGM Stefano Bisi ha sottoposto a Noi altre interessanti e piacevoli riflessioni che sono in Catena di Unione con questa sull’ATTESA , mi riferisco principalmente , almeno questo è il mio pensiero , alla “PAZIENZA ” .

    Per me l’ATTESA , versione di spazio e tempo in direzione di un finale proattivo , stimola Noi a riflettere e ad interrogarci nel Valore della propria soluzione con il costante permanere del dubbio ( Socrate docet – maieutica socratica : IO SO DI NON SAPERE ).

    L’Arte di sfruttare bene positivamente l’ATTESA , quindi , uno spazio temporale tra la conoscenza del vivere Presente e quanto potrà essere realizzabile nel prossimo vivere Futuro , è mettersi in ascolto di se stessi con l’uso della Virtù della PAZIENZA essendo la stessa un necessario strumento a nostra disposizione , per capire bene il Voluto , Cercato , Desiderato , prossimo Accadimento .

    ATTESA e PAZIENZA sono parallele inscindibili che convivono assieme, con tutte le loro consequenzialità , nelle vie della nostra propria vita .

    Dante Alighieri che scrive nella Commedia( Inferno canto XXVI ):.. “Considerate la vostra semenza:… Fatti non foste a viver come bruti, … ma per seguir virtute e conoscenza.” … invita Tutti nel tempo disponibile che abbiamo(ATTESA) alla virtù di riflettere(PAZIENZA) per arrivare all’ottenimento di ciò che ci proponiamo , in modo di (Inferno canto XXXIV ultimo verso: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”.) … godere il Tempo Nuovo in arrivo.

    Questo parallelismo Dantesco lo desidero citare in quanto credo , sia il tempo di ATTESA che tutti Noi stiamo vivendo nella nostra attuale condizione di quarantena e Noi Massoni abbiamo il dovere di sfruttarlo intellettualmente(Virtù della PAZIENZA) con la volontà di avere chiaro almeno personalmente , lo scenario( tra di noi differente nelle intelligenze ma uguale nello scopo ), che andremo a vivere , dopo questo momento Presente del nostro ATTENDERE ; …. vivere il futuro con la consapevolezza del giorno prima della festa(Leopardiana memoria) , una nuova rinascenza quindi , cui mi auguro di provare assieme ad esserne protagonisti .

    Solo gestendo bene l’Arte dell’ATTESA dei cambiamenti , qualunque essi siano , si permette a ciascuno di capire cosa è importante fare poi !

    Concludo con le parole di Jules Renard (Francese sec. IXX , scrttore/aforismi):
    “Se si costruisse la casa della felicità, la stanza più grande sarebbe la sala d’ATTESA ”.

    Fr. Pasquale Cerofolini
    LOGIA FENIX 127
    VALLE ASUNCION
    GLSP-PARAGUAY

  12. Giuliano Bertelli

    Viviamo in un epoca secolarizzata e consumistica dove solo le tragedie mondiali, come il coronavirus impongono riflessioni importanti, le stesse che dovrebbero esserci ogni giorno per ricreare, la città del Sole di Tommaso Campanella. Il dramma è pensare di tornare come prima dopo la tempesta.

  13. QUESTO È IL TEMPO DELLA RIFLESSIONE E DEL RISPETTO PER I PIÙ DEBOLI NE USCIREMO TUTTI MIGLIORI PERCHÉ CAPIREMO CHE NON SIAMO NULLA UN VIRUS SCONOSCIUTO CI PUÒ ELIMINARE TUTTI E SOLO CHI HA L’ANTIDOTO CI PUÒ SALVARE

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