Dossi stradali e asfaltature

“Stanziata una cifra senza precedenti, l’amministrazione ha ben chiare le critiche”. Così l’assessore ai lavori pubblici Massimo Bianchini, durante il Consiglio comunale di oggi, giovedì 15 maggio, ha risposto all’interrogazione della consigliera del gruppo Partito Democratico, Giulia Mazzarelli, in merito allo stato di degrado del manto stradale del quartiere del Petriccio ea una richiesta di aggiornamento sulla pianificazione dei lavori per il rifacimento del manto stradale in alcune strade della città.

“L’amministrazione comunale – ha spiegato l’assessore – tramite l’ufficio manutenzione controlla il patrimonio stradale comunale costantemente e ha presente le innumerevoli criticità, relazionando sullo stato di manutenzione delle strade di proprietà e non solo”.

“Allo stesso tempo – ha aggiunto Bianchini – uffici e tecnici hanno ben chiaro lo stato di degrado del reticolo stradale cittadino, sulla base del quale viene approntata la programmazione annuale e pluriennale. Il fatto di aver stanziato nel bilancio cifre sulla manutenzione stradale senza precedenti dà la misura da un lato del problema, dall’altro dell’attenzione che l’amministrazione pone su tale critica. Come ho avuto modo di esporre in una precedente interrogazione, la scelta, di concerto con gli uffici competenti, riguardava il fatto di procedere nelle strade con un progetto ‘dedicato’ o meno. Come il Consiglio ha avuto modo di vedere nel programma triennale dei lavori pubblici, che si sono succeduti nel tempo, si sarà notato che per singole strade, per praticità, si è optato per progetti ‘dedicati’ per aree di intervento più vaste invece si è scelto di far rientrare gli interventi nello stanziamento annuale da un milione e mezzo di euro . stradale, in una parte si sta procedendo anche alla valuta z ione del rischio idraulico ” .

La consigliera Giulia Mazzarelli (gruppo Partito Democratico) si è dichiarata ” non soddisfatta perché non mi è stata data risposta alla domanda sulla pianificazione triennale. Chiedo dunque che venga organizzata una Commissione apposita per illustrare tale pianificazione. Solo per le strade del quartiere del Petriccio ci vogliono risorse per un milione e duecentomila euro, su un totale stanziato di un milione e mezzo di euro all’anno. Per cui è necessario che le risorse da investire siano maggiori, altrimenti è palese come non ci saranno lavori che incideranno in maniera sostanziale sulle strade. Chiedo dunque di mettere in programma il rifacimento delle strade oggetto dell’interrogazione, in un’area della città nell’immediata periferia del centro storico importante, per cui serve un’adeguata calendarizzazione e pianificazione degli interventi Mi aspettavo che si intervenisse almeno nel punto dove persiste un dosso pericoloso”.

Difendere lo Stato, difendere le associazioni

Difendere lo Stato, Difendere le associazioni è il tema di un convegno di studi in corso al Senato. Presiede la sessione Fulvio Conti, l’autore del libro Massoneria e Fascismo edito da Carocci e in uscita domani. I lavori del convegno saranno conclusi da Giuliano Amato, presidente emerito della Corte costituzionale.

Sfogliamo i giornali del 15 maggio 2025

Il vertice di Istanbul tra Ucraina e Russia, ma senza la presenza di Putin, le parole di Mattarella e Draghi che “scuotono” l’Europa, l’incontro tra Sinner e Papa Leone XIV, gli ultimi sviluppi del caso Garlasco e la vittoria del Bologna in Coppa Italia ai danni del Milan. Questi alcuni dei temi principali presenti sulle prime pagine dei quotidiani, oggi in edicola.

Sfogliamo i giornali del 13 maggio

Aperture riservate quasi interamente alla guerra in Ucraina e al vertice di Istanbul, con l’invito rivolto da Zelensky a Putin per un faccia a faccia. Lo zar, però, si nega ed è pronto a inviare Lavrov. Poi il messaggio di sfida all’Europa: “Sanzioni a Mosca da deficienti”.  In evidenza anche il viaggio in Arabia Saudita di Donald Trump e la paura per il nuovo sciame sismico ai Campi Flegrei. Sugli sportivi, l’attesa per la finalissima di Coppa Italia, in programma stasera all’Olimpico tra Milan e Bologna.

Benini e i ragazzi con telefonino e coltello

Paolo Benini, su Sienapost, coomenta un mio post su questo blog.

Riprendo l’interrogativo di Stefano Bisi che a mio modo di vedere è secco ma giusto: perché dei ragazzi girano con un telefonino e un coltello? Una domanda vera, intelligente. Ma subito ne nasce un’altra: quante persone ne sono davvero a conoscenza? E quante leggeranno una risposta come questa? Forse poche. Forse preferiranno continuare con i commenti sdegnati su Facebook, mentre sorseggiano uno spritz al tavolino, rassicurati dalla distanza tra sé e “il problema”. Ma noi non ci arrendiamo. Diciamo cose senza aver nulla da guadagnare. Perché, prima o poi, qualcuno leggerà. E magari inizierà a vedere.

Ebbene caro Stefano, hanno coltello e telefonino perché sono bande. E le bande esistono da sempre. Non sono un prodotto della moda, ma dell’assenza. Nascono dove mancano presidi veri, dove gli adulti si sono ritirati, dove il linguaggio dell’autorità è stato sostituito dal rumore di fondo. Sono primitive, sì, ma non improvvisate. Dentro ci trovi riconoscimento, ruolo, gerarchia, appartenenza. Tre cose che oggi nessuno sa più fornire con continuità. Non lo fanno le famiglie disgregate, non lo fa la scuola che delega, non lo fa una società che predica l’inclusione ma non sa nemmeno dove cominciare.

La guerra dei bottoni lo raccontava già più di cent’anni fa: bande di bambini che si sfidano per l’onore del proprio villaggio, con codici, con ritualità, con ferocia infantile ma anche con coerenza. Anche Gangs of New York, anche C’era una volta in America, sono narrazioni di bande: selvagge ma strutturate, violente ma riconoscibili, con regole interne e forme di giustizia proprie. E poi I ragazzi della via Pál, quel piccolo capolavoro di Molnár in cui un gruppo di adolescenti organizza turni di guardia per difendere un campo vuoto, simbolo di qualcosa più grande di loro. Lì dentro c’è il senso della lealtà, la disciplina, persino il sacrificio. Nemecsek, il più fragile, muore per il suo gruppo, per il suo codice. Era un gioco, ma era tutto vero. Era una cultura, persino un’etica.

Oggi no. Oggi quei modelli si replicano in forma attuale, spesso come un aborto di sistema, come tanti altri aborti di sistema. Non sono bande con un codice: sono embrioni di aggregati di confusione , linguaggi rotti, frammenti raccolti dalla rete e trasformati in identità temporanee. Il coltello è una protesi di potere, il telefonino una protesi di visibilità. Uno serve a imporsi, l’altro a mostrarsi. In mezzo non c’è educazione, non c’è senso, non c’è progetto.

E allora? Che ne facciamo di questi ragazzi, di quelli che non finiscono in carcere? Li infiliamo nei CAG, nei progetti sociali, nelle filiere infinite dell’inclusione a budget? Siamo davvero convinti che basti riunirli in uno spazio neutro per risolvere? O stiamo semplicemente spostando il problema da un luogo all’altro, travestendolo da occasione? O serve come tante altre iniziative dello stesso tipo, ad aprire le porte del paradiso a chi le porta avanti?

La verità è che molti di questi spazi diventano centri di consolidamento del disagio, non di trasformazione. E la verità più amara è che, spesso, a chi gestisce questi spazi, il disagio serve. Immagino lo sdegno a leggere questa affermazione: si serve per l’anima e per i soldi. Senza problema non c’è progetto. Senza progetto non c’è fondazione, bando, visibilità. Quindi la domanda scomoda è questa: è il disagio che cerca aiuto o alla fine diventa il sistema dell’aiuto che scivola nell’aver bisogno del disagio per sopravvivere?

E la scuola? La scuola italiana è completamente inefficace sul piano formativo, mi pare lo vediamo spesso. Giusto? Produce ore, contenuti, programmi, ma ha smesso di formare. Intanto pensa a decine di inutili moduli educativi da inserire per tamponare questa o quella falla. Sarebbero sufficenti la disciplina, l’autodisciplina e il rispetto. Invece bisogna far chiacchiere. Risolveremo tutto o quasi tutto.

In alcuni quartieri americani si è risposto al disagio con l’iperscolarizzazione strutturata: orari lunghi, regole chiare, rigore, educazione all’autocontrollo. Non per produrre nozionismo, ma per allenare alla disciplina. Sì, disciplina, una parola che qui fa ancora paura. Ma è proprio da lì che passa ogni possibilità di salvezza. Dalla capacità di stare, di reggere, di sopportare. Di affrontare la frustrazione senza distruggere qualcosa o qualcuno.

Perché qualcuno ce la fa. Pochi, ma ci sono. E quasi sempre hanno avuto due cose. La prima è un adulto che ha creduto in loro senza pietismo, ribadisco senza il pietismo bavoso che tanto piace alle anime pure. La seconda è il momento in cui hanno scoperto di poter reggere il peso della fatica. Chi nasce nel disagio parte in salita. E il talento non basta. Serve struttura. Serve un contesto esigente. Serve imparare a sopportare il vuoto, a rimandare la gratificazione, a costruire un’identità che non dipenda da un’arma o da uno schermo.

Serve educare alla frustrazione. Perché senza quella, nessuna identità regge. E nessun coltello verrà mai messo via per davvero.

Sfogliamo i giornali del 13 maggio 2025

Il presidente Usa Donald Trump convoca il leader del Cremlino Vladimir Putin a Istanbul, in Turchia, in vista del vertice con l’Ucraina per discutere della tregua. Il rilascio da parte di Hamas dell’ostaggio israelo-americano Edan Alexander dopo 584 giorni. Le parole di Papa Leone XIV ai giornalisti: “Disarmiamo le parole”. E ancora la questione dazi, con l’intesa tra Stati Uniti e Cina che tagliano le tariffe per 90 giorni. Queste alcune delle notizie principali presenti sulle prime pagine dei quotidiani.

Con il telefonino e il coltello

Quello che colpisce di recenti a fatti di cronaca, avvenuti anche a Siena sebbene in dimensioni minori rispetto ad altre città, è che giovanissimi si sono fronteggiati con coltelli. Adolescenti o poco più grandi escono di casa con il telefonino e con un coltello infilato nei pantaloni. Perché?

Sfogliamo i giornali del 12 maggio 2025

Zelensky ha accettato la proposta di negoziati diretti con Putin e ha rilanciato: “Lo aspetterò in Turchia giovedì”. L’evaso dal carcere di Bollate che venerdì ha accoltellato un collega, si è suicidato lanciandosi dal Duomo di Milano. È stato trovato anche il corpo dell’altra collega scomparsa. Gli Usa e la Cina hanno raggiunto una prima intesa sui dazi, al termine di due giorni di colloqui a Ginevra. Oggi i dettagli. Questi alcuni dei principali temi presenti sulle prime pagine dei quotidiani, in edicola oggi.

Il Pegaso d’oro a Stefano Mancuso

Il Pegaso d’Oro, massimo riconoscimento dell’Amministrazione regionale istituito dalla Giunta nel 1993, consiste in una riproduzione del cavallo alato Pegaso, emblema del Comitato toscano di liberazione nazionale, poi stilizzato a modello di una moneta attribuita all’artista fiorentino Benvenuto Cellini e oggi simbolo della Regione Toscana.

Domenica 11 maggio il Pegaso alla cultura è stato conferito dal presidente della Regione Eugenio Giani a Stefano Mancuso, neuroscienziato docente di arboricoltura generale ed etologia vegetale all’Università di Firenze e membro dell’Accademia dei Georgofili, nel corso di una cerimonia al Teatro Era di Pontedera in provincia di Pisa in occasione degli Ecodays organizzati nell’ambito della rassegna Ecoincontri nella cittadina toscana.

Saggista e divulgatore, Stefano Mancuso, nelle parole di Giani, “nella sua attività accademica ha contribuito ad una nuova visione del mondo vegetale ed ha saputo coinvolgere con sensibilità e passione l’opinione pubblica nel dibattito sui temi dell’ecologia, sostenibilità e interdipendenza fra tutte le forme di vita. Il suo lavoro può essere considerato fondamentale nella comunicazione di una nuova forma di etica che sa mettere in relazione in modo armonico lo sviluppo dell’individuo con quello di tutto l’ecosistema, fuori da ogni schema di prevaricazione degli interessi economici e del profitto fine a se stesso sull’ambiente e sul rispetto della natura Nel corso di questa legislatura per ben sette volte la Regione ha dovuto proclamare lo stato di emergenza a causa di eventi climatici che non possono più essere definiti “straordinari”. Stefano Mancuso, in questo senso, è un intellettuale sull’ambiente dotato di autorevolezza e credibilità a livello internazionale.

“Le sue e le indicazioni – continua Giani – sono sempre affascinanti e capaci di guardare al futuro e Stefano Mancuso è oggi una delle figure più eminenti nel campo della ricerca e della cultura che si occupa dello sviluppo sostenibile. Quindi una figura che rappresenta quella Toscana che pensa e che può contare su studiosi di particolare talento che permettono di guardare con speranza all’attenzione sui temi attinenti alla transizione ambientale ed ecologica ed alla sostenibilità del suo sviluppo”.

Secondo Stefano Mancuso, dall’inizio degli anni Novanta del secolo scorso gli scienziati hanno iniziato ad ammettere che le piante hanno non solo capacità “sociali”, ma una forma di intelligenza che fino ad allora non era stata immaginata.

“Oggi – afferma Stefano Mancuso – viviamo in un mondo in cui sembra che mentre i potenti del mondo sembrano essersi dimenticati delle questioni ambientali, le persone comuni vedono e sentono perfettamente che il nostro pianeta sta cambiando un giorno dopo l’altro ad una velocità che non si era mai vista prima e sono molto più interessate a questi temi rispetto a 15 anni fa.

Sono 18 mesi – spiega Mancuso – che ogni mese è il mese più caldo mai registrato. Questo è il risultato dell’opera distruttiva dell’uomo che si può però invertire. Viviamo anche nell’unico luogo del mondo che sta facendo qualcosa da questo punto di vista. L’Unione Europea è l’unica parte del pianeta che negli ultimi anni ha ha ridotto del 36% le proprie emissioni di anidride carbonica e negli ultimi 3 anni ha prodotto meno anidride carbonica di quanto ne produceva negli anni precedenti. Dobbiamo essere orgogliosi di questo. Il fatto che l’Europa sia l’unica unica a farlo dimostra che si può ridurre il livello delle emissioni senza ridurre la ricchezza delle nazioni. Dobbiamo essere un modello, e far capire che anche se questa riduzione dell’anidride carbonica a livello globale è quasi ininfluente, a livello di esempio è fondamentale”.