Che cosa è Radiogol?
Un libro, di sicuro. Si parla di calcio ma non è un volume per calciofili, per gli amanti di statistiche. E’ il racconto di un amore per la radio, il mezzo di comunicazione che lascia più spazio alla fantasia. Difficile immaginarsi la faccia di chi c’è dietro quel microfono. Una delle voci più popolari di trentacinque anni di radiofonia italiana è quella di Riccardo Cucchi, inviato di Tutto il calcio minuto per minuto. La sua faccia è stata quasi un mistero fino a quando non è diventato il telecronista della vittoria italiana ai mondiali di calcio in Germania, quando ha raccontato con forza ed emozione quel calcio di rigore trasformato da Grosso.
Radiogol descrive anche quel tiro mondiale ma soprattutto racconta gli anni mitici di Tutto il calcio per minuto, la trasmissione radiofonica che ha accompagnato generazioni di italiani. Riccardo Cucchi mi guida in un viaggio dove incontro le voci amiche della mia fanciullezza, da Enrico Ameri a Sandro Ciotti. Ma il mito, per me, era Roberto Bortoluzzi, il conduttore da studio. Lui apriva la trasmissione, dopo la pubblicità di Stock 84 che ci invitava a brindare per i successi della squadra del cuore e a consolarci se aveva perso. Prima delle partite in diretta televisiva ad ogni ora del giorno e della notte il campionato era raccontato da Tutto il calcio minuto per minuto. I collegamenti con i campi erano solo nel secondo tempo e quanta ansia cresceva in attesa di sapere se la Fiorentina era in vantaggio o stava perdendo. E ricordo quel transistor volato in aria per festeggiare la vittoria dello scudetto ’68-69 con Superchi, Rogora, Mancin…e Bruno Pesaola in panchina. Il Petisso era riuscito a trasformare la Fiorentina yè-yè plasmata da Beppe Chiappella in una squadra da scudetto. E Tutto il calcio minuto mi faceva immaginare le partite in quello che ancora si chiamava Campo di Marte.
Emozioni, ricordi, sensazioni. Le ritrovate in Radiogol, un libro che è un atto di amore verso il mezzo di comunicazione che ho più amato tra quelli dove ho avuto la possibilità di lavorare. Quindi grazie a Riccardo Cucchi, un gentiluomo del mondo del giornalismo che oggi non seguo alla radio ma su twitter dove con i suoi cinguettii dà lezioni di stile, garbo e pazienza, caratteristiche ormai inconsuete, a chi preferisce urlare e insultare. Un eretico, insomma.
4 commenti a “Radiogol, un atto di amore”