La leggerezza

Cari viaggiatori,

proviamo a seguire questo consiglio di Italo Calvino: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.

Buon viaggio

4 commenti a “La leggerezza

  1. Marcello Mersi

    Carissimo G.M., proviamo a riconoscere alcuni di questi comportamenti e se li riconosciamo liberiamocene subito e prendiamo la vita con più leggerezza. Molto spesso vediamo la vita assai più pesante di quello che in realtà è. Succede a tutti noi. Ma, come ho detto prima, possiamo liberarci di alcuni modi di fare e di pensare che rendono tutto più difficile. Provo a citarne alcuni.
    1) Cerchiamo la perfezione. Mirare all’eccellenza è un ottimo stimolo, ma questo non vuol dire che bisogna raggiungerla ad ogni costo. L’idea di perfezione (che poi è soggettiva) è nemica perché ci rende perennemente insoddisfatti. Quando realizziamo un sogno siamo felici perché è avvenuto non perché è privo di difetti. 
    2) Vogliamo avere ragione a ogni costo. Se in una conversazione pretendiamo che tutti siano d’accordo con noi abbiamo bisogno di lavorare sull’assertività. Essere assertivi non vuol dire avere ragione, ma accettare che l’opinione altrui sia valida quanto la nostra. Noi siamo ok, ma anche gli altri lo sono : se accettiamo questo presupposto non abbiamo motivo di temere che la nostra opinione sia inferiore a quella degli altri, e non sentiremo l’esigenza di imporre la nostra. 
    3) Abbiamo paura di fallire. Il fallimento è l’altra faccia del successo. Se guardiamo le biografie dei grandi uomini, ci accorgiamo che tutti hanno commesso errori nella propria vita prima di diventare persone ammirate da tutte. Il fallimento non è un motivo di vergogna, tutt’altro, è solo un’altra possibilità per capire quale è la nostra strada.
    4) Conserviamo rancore. Abbiamo subito un torto e pensiamo alla vendetta? Forse non perdoneremo mai chi ci ha ferito, ma se lasciamo andare staremo molto meglio. Si tratta di non rivolgere continuamente il pensiero verso la persona che ci ha fatto del male, ma chiudere il capitolo e continuare la nostra vita. Il modo migliore per scaricare il peso? Riversare tutta la nostra rabbia su un foglio bianco, scriviamo come ci fa sentire quello che abbiamo vissuto, infamiamo chi ci ha ferito e poi bruciamo il foglio. È un’azione certamente liberatoria. 
    5) Carichiamo gli altri di aspettative. Se ci aspettiamo troppo dagli altri rimarremo delusi. Non è un segreto, non possiamo pretendere che gli altri si comportino come vogliamo, allora non caschiamoci una seconda volta e non aspettiamoci niente. Tutto quel che verrà sarà per noi una sorpresa. 
    Mi fermo qui! Un abbraccio forte a Te e a tutti i Viaggiatori.

  2. Pasquale Cerofolini

    Caro SGM Fr. Stefano,
    Cari Viaggiatori ,
    bellissimo argomento , su cui sono felice assieme a voi tutti riflettere , esponendo quanto sentiamo e ri-visitiamo , grazie anche a questo periodo complicato , piacevole complice di ripensamenti continui su tutto .
    Nella maggior parte di Noi è maturata l’idea , che , avere tutte le proprie cose “sotto controllo(pesantezza)” fosse e sia la strada da percorrere.
    Nessuno ci ha mai insegnato invece che abbiamo anche bisogno di fermarci e valutare, per capire se quello che ‘stiamo facendo’ è ancora in linea con quello che ‘siamo’.
    Abbiamo bisogno di guardarci dentro ed imparare l’importanza di “ lasciar andare (leggerezza)”, ed assicurarci che ciò che stiamo facendo ci faccia ‘sentire bene’ e sia veramente importante per noi.
    Imparare ad essere ‘ leggeri ‘ , lasciarsi andare , ‘ è un pensiero eccitante e, soprattutto, profuma di verità ‘ .
    Non intervenendo e lasciando che le cose facciano il loro corso concedi a te stesso spazio e tempo; ti dai il permesso di recuperare un’energia che altrimenti verrebbe consumata dalla tua lotta per il controllo.
    Se riusciamo a ‘lasciar andare’ che non vuol dire cadere nella noncuranza , diamo l’opportunità agli eventi di fluire e potremo imparare da ciò che accade, ricaricarci e tornare ad affrontare la situazione con nuove e motivanti idee.
    Lasciare la presa ci apre a un diverso rapporto con il tempo, in quanto è dare agli altri ‘ leggerezza nella libertà ‘ di fare le proprie scelte, nei loro tempi, e ciò è una forma di amore e rispetto.
    La chiave è, come sempre, trovare un punto di proprio equilibrio e farsi guidare dal buon senso , ed anche se all’inizio può sembrare difficile ‘ lasciar andare ‘, proviamo a perseverare ; la ricompensa sarà un senso di ‘ LEGGEREZZA ‘ che si rifletterà in come ci presentiamo e potrà credo , ispirare piacevolmente gli altri.
    Buon Viaggio .
    TFA
    Fr. Pasquale Cerofolini – Logia Fenix 127 – GL Simbolica Paraguay –

  3. Raffaele Macarone Palmieri

    Come non ricordare, caro Stefano, parlando di leggerezza, che ‘plana dall’alto senza avere macigni sul cuore’, il romanzo che ci ha fatto conoscere Milan Kundera nella prima metà degli anni Ottanta “L’insostenibile leggerezza dell’Essere”, poi diventato film e una canzone bellissima di Antonello Venditti all’amico estetico. Gli eroi di Kundera, Tomas e Tereza, Franz e Sabina sono, i primi due, votati alla leggerezza nella loro ricerca del piacere e nella loro ubriachezza del vuoto; Franz e Sabina sono votati alla pesantezza del loro attaccamento ai principi che li guidano.
    Una connotazione politica, visto il periodo in cui è ambientato il romanzo, vale a dire l’occupazione dell’allora Cecoslovacchia, di Praga in particolare, da parte dei tank dell’Armata del Patto di Varsavia che molti di noi ricordano ancora con emozione davanti ai televisori a fine agosto del 1968. Viene contrapposto un mondo di insostenibile leggerezza, l’Occidente, ad un mondo, quello sovietico, di ridicola pesantezza. Partendo dalla teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, in ” Così parlò Zarathustra”, in qualche modo rappresentato da un simbolo che appartiene anche a noi l’Uroboro, la vita non è altro che una successione di eventi, felici e infelici, senza alcuna ricongiunzione soddisfacente…in un mondo reale privo di ritorno e dunque di serenità, Così tutto è più leggero di una piuma e tutto è cinicamente permesso. Una vita senza ripetizione è leggera come una piuma trasportata dal vento, non possiamo fare altro che prenderla alla leggera perché è senza peso e se è così costituisce soltanto apparenze senza che abbia un senso.
    Il kitsch occidentale è una condizione di vivere che ha un vantaggio, quello di dimenticare la condizione umana di vivere alla leggera, mentre lo stile di vita comunista, per Kundera, appiattisce l’esistenza umana nella figura del buon cittadino obbediente.
    Il kitsch è l’insostenibile leggerezza dell’essere, un essere leggero, etereo, trasparente, per non dire vuoto, che si diverte per evitare di pensare alla tragedia della vita: malattie, vecchiaia, dolore e morte. Ecco perché l’oblio del mondo, della storia e anche di sé stesso costituisce un paravento dai pericoli e dagli orrori della vita. Il dualismo con la pesantezza fa parte della condizione umana, non può esistere leggerezza senza pesantezza e pesantezza senza leggerezza. La pesantezza, come la gravità, ci attira però verso il Centro dell’esistenza, verso l’essere profondo delle cose e cioè verso quello che realmente siamo, ma allo stesso tempo ci incita verso la leggerezza delle apparenze che sono in definitiva le maschere dell’essere,
    La nostra esistenza è, allo stesso tempo, leggera e pesante, volta alle apparenze ma radicata nell’Essere, superficiale e profonda…d’altronde lo stesso Calvino, nelle Lezioni Americane, cari Viaggiatori, constatava che poteva, nel romanzo di Kundera, essere contestualizzata una ” ineluttabile pesantezza del vivere “.

  4. Ottavio Spolidoro

    Quel “planare dall’alto” la dice lunga sulla leggerezza di cui scriveva Italo Calvino. Per planare non avere macigni nel cuore. Sembra facile ma richiede avere senso del limite. Lasciarsi attraversare e soprattutto essere veri, mantenere cioè una personale coerenza di pensiero ed azione. L’ipocrisia di chi è sempre pronto ad illustrare il dover essere agli altri e mai a se stesso. Prendiamo ad esempio il ragionare e l’aver ragione. Se si confonde il dialogo che è veramente l’etica della comunicazione, il ragionare con l’aver ragione, leggerezza è quell’antico proverbio napoletano : la ragione è dei fessi. La ragione dei fessi, degli stupidi, è quella di chi confonde il ragionare che è dialogo e confronto con l’aver ragione. Ed allora diamo ragione ai fessi e planiamo con leggerezza.

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