La dedizione degli scalpellini

Cari viaggiatori,

l’economista Nino Andreatta invitava a lavorare in profondità, nelle parti più nascoste, e lo faceva con un esempio, quello degli scalpellini medievali che costruivano le cattedrali. Mettevano lo stesso impegno per tutte le decorazioni, sia quelle della facciata o dell’angolo più nascosto che “solo i piccioni erano in grado di apprezzare”.

Buon viaggio

4 commenti a “La dedizione degli scalpellini

  1. Raffaele Macarone Palmieri

    Per lavorare in profondità, caro Stefano, abbiamo mutuato dagli scalpellini medioevali l’uso e la gradazione della loro abilità artigianale. L’abbiamo trasformata da operativa in speculativa e questo ci ha permesso di conoscere e di abbellire i più reconditi angoli della nostra opera interiore.
    Per realizzare il suo prodotto, lo sgrossamento della pietra grezza, lo scalpellino medioevale apprendista, di primo livello, utilizzava lo scalpello, il maglio e la leva; i primi due strumenti erano strettamente accoppiati perché l’azione dello scalpello era amplificata da quella del maglio, mentre la leva era indispensabile a staccare dal blocco informe la massa della pietra sulla quale lavorare. Nel simbolismo tradizionale del percorso massonico in grado di Apprendista possiamo immaginare, come ci ricorda Robert Ambelain, che il maglio rappresenti la volontà nella applicazione, lo scalpello il discernimento nell’investigazione cioè il percepire, l’intuire ciò che limita il nostro cammino iniziatico e ne limita la progressione e cercare di rimuoverlo, mentre la leva rappresenta l’indispensabile sforzo in corso di realizzazione della nostra opera.
    Ma anche lo scalpellino medioevale di secondo livello, compagno d’arte, lavorava sulla pietra sgrossata dal primo; il suo compito era quello di ottenere una pietra cubica perfettamente regolare; per portare a compimento il suo impegno non poteva fare a meno di filo a piombo, livella e squadra che, in grado di Compagno d’Arte nella Massoneria “detta” operativa dei giorni nostri, rappresentano rispettivamente la profondità nella osservazione, la serenità nell’applicazione e la rettitudine nell’azione.
    Infine il terzo scalpellino, che possedeva l’arte della maestria, necessitava essenzialmente di due strumenti: il regolo e il compasso; il primo per tracciare una linea perfettamente diritta e il secondo per realizzare linee curve e ottenere perpendicolari su ogni retta creata dal regolo. A complemento dei precedenti otto strumenti serviva un nono che permetteva di applicare la calce e rimuoverne l’eccesso tra i mattoni, vale a dire, la cazzuola. Nel grado di Maestro Massone il compasso rappresenta l’esattezza nella realizzazione, il regolo la costanza e la sistematicità nell’applicazione e la cazzuola la perfezione e l’unificazione, in una parola l’Armonia, l’Amore fraterno che deve unire tutti i Massoni per la realizzazione del proprio Tempio interiore.
    E i piccioni che guardano, mi sono detto cari Viaggiatori, cosa possono rappresentare ? un vasto mondo profano che, anche se non conosce la nostra appartenenza, apprezza l’ impegno che dimostriamo verso noi stessi e verso gli altri. Dobbiamo, però, anche constatare, con contrarietà che, a volte o spesso, c’è chi non comprende o forse non vuole comprendere il vero significato del nostro duro e difficile obbligo morale quotidiano e, come in taluni recenti ma purtroppo frequenti momenti, insozza il nostro lavoro, come fanno alcuni maleducati piccioni su nobili marmi con le loro corrosive deiezioni.

  2. Pasquale Cerofolini

    Cari Viaggiatori ,

    Caro SGM Fr. Stefano ,

    che persone fortunate , le persone che abitano nel palazzo del VITRIOL ; solo avere avuto la fortuna di averlo avuto proposto , di averlo potuto incontrare nella propria volontà di avvicinarsi alla comprensione di ciò che è , è una avventura meravigliosa ed importante.
    VITRIOL quale Felicità , Amore , Forza e Bellezza .
    Non conoscevo questo ‘VITRIOL pensiero’ espresso di Beniamino(Nino) Andreatta , però visto il suo livello intellettuale , laureato in giurisprudenza dopodiché in economia con incarichi italiani politici avuti , come anche incarichi universitari di prestigiosi atenei stranieri , non sono meravigliato che tra i tanti parallelismi da prendere ad esempio , per esprimere il suo concetto , abbia volutamente fatto riferimento allegoricamente agli scalpellini medievali .

    Buon Viaggio

    TFA

    Fr. Pasquale Cerofolini

  3. Ottavio Spolidoro

    Il lavoro degli scalpellini è stato egregiamente espresso dai viaggiatori. Quel lavoro pensa e realizza l’opera e l’opera è il frutto dell’arte appresa, eseguita e diretta. Ora l’opera è il fine e nel suo essere frutto dell’arte prescinde dall’essere visti, dall’essere notati. Ora che quell’arte è divenuta speculativa se il pensiero dell’opera è profondamente dentro la realtà effettuale del tempo, la sua realizzazione lo stesso prescinde o sempre dovrebbe prescindere dalla maledetta ansia di essere visti quasi fosse una condizione di esistenza.
    Noi realizziamo l’opera! A Narciso, Tiresia glielo aveva predetto: sarebbe divenuto vecchio solo se non si fosse guardato.
    Noi costruiamo l’opera
    Noi costruiamo Cattedrali
    Un abbraccio al Gran Maestro ed ai viaggiatori

  4. Aldo Cozzi

    Caro G M , credo che inneggiare al passato come tempo o tempi del buon costruire non sia proprio nel solco della verità assoluta….da architetto il 40 anni di professione ho visto molti errori di livellazioni, di uso improprio dei materiali, di impostazioni statiche e strutturali , che mi fanno affermare che ad ogni epoca vi e’ un buon costruire e un buon progettare. Pure per i particolari purtroppo è così . Ciò che abbiamo ereditato dal passato non ha molto da insegnarci, vengono fatte opere strabilianti ora come in passato, vi e’ un costruire povero ora come nel passato. Siamo noi che vogliamo vedere e vogliamo mettere nel passato il meglio e non vogliamo vedere il buono , il giusto nel presente. Guai non fosse così . Il costruire semplice del passato aveva si tant’è furbizie che ci hanno reso immagini diverse dal vero le cose, cose che ora non facciamo più . E’ un po’ come togliersi la maschera del quotidiano nel tempio e fare vedere chi siamo veramente . Sicuramente il progresso di tanti uomini e mezzi che usano valori costruttivi portano a migliori risultati….che rappresentano i più’, meglio …..,

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