Le ferite che diventano sorrisi

Cari viaggiatori,

Paulo Coelho consiglia di “non permettere alle ferite di trasformarti in quello che non sei”. Proviamo a trasformare le ferite in sorrisi.

Buon viaggio

3 commenti a “Le ferite che diventano sorrisi

  1. Pasquale Cerofolini

    Caro Stefano ,
    Cari Viaggiatori ,

    Partendo da una mia convinzione che ‘ nessuna ferita è per sempre ‘ , importante è vivere e sapere vivere l’eventuale ferita , per poter poi superare la stessa , cercando di non rimanere mai complici della sofferenza che causa nel tempo che si presenta .

    Dobbiamo cercare di ‘ vivere le ferite e non assecondare le ferite ‘ , dobbiamo provare vuoi le emozioni non volute nel momento della sofferenza , vuoi le emozioni conseguenziali durante il loro stesso superamento ; tutto ciò crea in Noi , forza , dolore e gioia( assolutamente non nel senso del ‘ Nietzsche pensiero’ che personalmente non condivido – dove il dolore e il soffrire è passaggio ‘ obbligato , ricercato e voluto ‘ per poi stare bene ..) , tutti stati d’animo che ci fortificheranno ” piacevolmente ” e saranno la nostra ‘ luce di guida splendente di conoscenza, nell’itinere nostro , di vita quotidiana ‘ .

    Concludo ricordando e invitando ad una riflessione , attenzionando un passaggio letterario orientale che recita :
    “Quando in Giappone si ripara un oggetto rotto, i Giapponesi valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. I Giapponesi credono che quando qualcosa ha subito una ferita e questo qualcosa ha una Storia, deve diventare più bello(questa tecnica è chiamata Kintsugi) – Oro al posto della Colla – metallo pregiato invece di una sostanza adesiva trasparente – , …….. ? occultare l’integrità perduta incollando o esaltare la storia della ricomposizione con metallo prezioso ? ” ……… .

    Buon Viaggio

    Pasquale Cerofolini

    Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello. Questa tecnica è chiamata “Kintsugi.”
    Oro al posto della colla. Metallo pregiato invece di una sostanza adesiva trasparente.
    E la differenza è tutta qui: occultare l’integrità perduta o esaltare la storia della ricomposizione?

  2. Raffaele Macarone Palmieri

    Anche se tutti noi tendiamo, caro Stefano, a imparare dalle nostre esperienze di vita passate, talora perdiamo una parte della nostra identità emotiva a causa di particolari “ferite” intime che stentano a rimarginarsi. Di conseguenza la “ferita” continua a essere torpida e saniosa, riducendo così la capacità di essere noi stessi e di corroborare le nostre emozioni. Forse ci siamo abituati a convivere con “ferite” cronicizzate, in un momento di sofferenza latente che preferiremmo non affrontare: quindi il nostro animo, per evitare il dolore, finisce in alcune situazioni per rinunciare alla sua capacità di sentire … questo potrebbe essere il motivo che ci impedisce di andare avanti, di sfruttare tutte le potenzialità che abbiamo e di dedicare tutta la nostra attenzione al presente.
    Ma quali sono i turbamenti che infettano le “ferite” della nostra sensibilità, della nostra anima? Sacrificio, rabbia, paura, solitudine interiore, mancanza di sostegno, incomprensione, desiderio d'”altro” e sensi di colpa.
    Ma cosa fare per sanare queste “ferite” una volta per tutte e per cercare di trasformarle in un sorriso? Cercare dentro noi stessi e individuare le “ferite”, parlarne anche ed eventualmente con qualcuno con cui abbiamo una sicura assonanza intellettiva, culturale e di fiducia tirando fuori ciò che teniamo dentro di noi da troppo tempo: ciò costituisce uno dei balsami più ricostituenti. Impediamo alle “ferite” del nostro passato emotivo di continuare a farci del male con sentimenti, emozioni e pensieri che continuano a traumatizzarci. Dobbiamo drenare le nostre “ferite”, espellendo e condannando il nostro dolore, la nostra sofferenza … chiudiamo la porta dietro di noi, in modo tale che il male non vi entri mai più. Solo allora sentiremo l’ inizio, cari Viaggiatori, della nostra guarigione e potrà poi comparire il sorriso.

Rispondi a Pasquale Cerofolini Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *